Il Teatro romano di Atri, dopo duemila anni, torna ad ospitare attori e pubblico
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- ultima modifica 31/07/2009 15:31
La cultura come investimento strategico. Recuperare un’identità materiale e immateriale per diventare un “polo di eccellenza” nel panorama regionale e nazionale. L’Amministrazione comunale di Atri si candida ad avere un ruolo nella nicchia, in crescita, del turismo culturale, con un’altra iniziativa, dopo quella del “Festival del reportage” che accende i riflettori su un pezzo di città recuperato alla sua fruibilità originale. Dopo duemila anni e a quindici anni dalla fine degli scavi archeologici, l’anfiteatro romano, tornerà a ospitare pubblico e attori con la messa in scena, domani sera alle 21.30, di “Trecce nere”, una novella del pre-dannunziano Domenico Ciampoli, a cura del Teatro Minimo di Atri.
A presentare la manifestazione, questa mattina, alla Biblioteca Delfico della Provincia, l’assessore regionale al Turismo e alla cultura, Mauro Di Dalmazio; l’assessore alla cultura del Comune di Atri, Angela De Lauretis; l’assessore provinciale, Davide Calcedonio Di Giacinto, consigliere comunale della città ducale.
“La cittadina atriana si sta distinguendo per una linea programmatica che mette al centro la cultura quale strategia di sviluppo – ha affermato l’assessore Di Dalmazio – si tratta di un’operazione coraggiosa che va considerata come un investimento rispetto al futuro”.
Di “investimento” ha parlato anche l’assessore Davide Di Giacinto: “Il Festival del reportage ci ha consentito di essere inseriti in un sistema turistico integrato – ha dichiarato – con una risonanza di livello nazionale e internazionale. Possiamo e anzi dobbiamo combinare questi aspetti, tipici dei grandi eventi, con la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, storico e archeologico. Ed è quello che facciamo restituendo al Teatro Romano la sua funzione, rappresentando l’opera di un abruzzese, messa in scena da artisti abruzzesi”.
Su questi aspetti si è soffermata l’assessore Angela De Lauretis: “I nostri sono obiettivi di lungo respito ma abbiamo cominciato a vedere i primi risultati” ha detto ricordando che il Festival ha avuto 213 passaggi sulla stampa nazionale, e ha aggiunto: “Anche con la manifestazione di domani sera combiniamo due aspetti: quello squisitamente artistico con il recupero e, quindi, il reinnesto nel tessuto sociale, culturale ed economico di un pezzo di città di grande pregio. Lo abbiamo già fatto con le scuderie ducali, oltre 200 metri quadri lasciati all’incuria che oggi ospitano le mostre del Festival. Un risultato possibile anche grazie alla sinergia con la Provincia, la Regione e la Sovrintendenza”.
Lo spettacolo, come spiegato dal regista Francesco Anello e dalla curatrice e attrice Concetta Meri Leone, è tratto da una novella di Domenico Ciampoli, scrittore abruzzese di Atessa, attivo fra gli anni ’70 e ’90 dell’800. Una scrittura verista che racconta il dramma di Mariuccia di Canzano, tipica donna dell’Italia post-unitaria, passionale e fiera, ma vittima di pregiudizi e delle superstizioni popolari. Le musiche sono di un altro abruzzesi, Gianluigi Antonelli e l’allestimento è tutto giocato sulla valorizzazione della spettacolarità del luogo.
Scheda sul Teatro Romano
Il teatro è stato ricavato su un territorio collinoso e poggia sulla puddinga, la roccia naturale su cui sorge Atri. Ha un diametro di settanta metri e originariamente conteneva circa 10mila posti a sedere. Una zona della cavea si trova nelle cantine del palazzo "Cardinale Cicada". Al suo interno, dove il paramento dell'originaria struttura è visibile, lo stato di conservazione risulta ottimo. Al contrario i pavimenti non sono conservati, per un generalizzato abbassamento dei piani delle cantine del palazzo. Le volte, parzialmente o interamente distrutte per permettere l'innalzamento dei soffitti moderni, erano costruite in calcestruzzo con setti delimitati da nervature in laterizi tagliati posti di coltello. Sono venuti alla luce parti dell'antico Convento dei Gesuiti, sorto sulle rovine del teatro e altri resti di abitazioni di epoche diverse. Molti mattoni presentano la scritta "PH" che sta per Hatrianus Populus (popolo atriano) e indica che i mattoni usati per la costruzione del teatro provenivano dalle fornaci di Atri. Sono stati rinvenuti molti reperti: vasellame del periodo romano e del settecento, lucerne, pipe e statuine in terracotta, piatti di Castelli appartenuti al convento dei Gesuiti.
Teramo 31 luglio 2009