“Zitta, lo sai che non vali niente”. I vincitori del concorso di poesia 2016 indetto dalla Commissione Provinciale Pari Opportunità
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- ultima modifica 08/03/2017 10:10
Teramo 8 marzo 2017. Settantuno partecipanti, dieci i vincitori: il primo classificato al concorso di poesia “Zitta non vali niente” indetto dalla Commissione provinciale pari opportunità è Massimo Avenali di Montesilvano con l“Distonica”.
Al secondo posto troviamo Giuliana Sanvitale di Giulianova con “Che clemente sia la mano”; al terzo posto la poesia “Tremano le mani” di Davide Rondoni.
La giuria ha selezionato undici poesie, gli altri vincitori sono: Elisa Marchinetti (Forlì) con “Soliloquio a mezza voce”; Maria Antonietta D’Onofrio (Matera) con “Quando Verrà la tua voce”; Elvio Angeletti (Senigallia) “Libera il tuo sorriso”; Monica Schiaffini (Chiavari) con “Tutelare vestale”; Lucia Marcone “La parte dolente”; Andreina Moretti (Roseto d.A) “Lontano è la salvezza); Maria Michela Petti (Amalfi) “Da donna a donna”; Ivan Pozzoni (Monza) “La ballata di Peggy e Pedro”.
Segretaria del Premio, Caterina Spurio, questa la giuria: Fiorella Zilli (insegnante), Roberta Pilotti (giudice onorario), Silvia Mazzetta (Scienze della comunicazione), Alessia Mocci (lettere, critico letterario e cinematografico), Sandro Galantini (storico e giornalista), Simone Gambacorta (giornalista), Dorotea Mazzetta (giornalista),Azzurra Marcozzi (giornalista),Adele Di Feliciantonio (giornalista), Patrizia Di Donato (scrittrice),Valentina Savini (archeologa).
I Classificato
Distonica.
La pelle ricorda per breve tempo,
isole scure che non sono approdi
che poi scompaiono nei giorni
e tornano a immergersi nella carne.
Mentre la superficie, cela.
Gli occhi non hanno ragione,
fingono sorrisi e non osservano,
immemori dei suoni come aghi
a puntellare al contrario
pensieri e domande e illusioni.
Tutto può tornare come prima, tutto cambia come una volta cambiò -ma- le possibilità elargite che non conoscono fine, frantumano quegli specchi che tutto intorno mostrano, muti, quel che avviene.
Il margine libero.
È un velo fragile.
Non sufficiente alla notte perenne.
Sai quanti domani esistono?
Tutti quelli
che non hai avuto
fino a oggi.
Ognuno con il proprio
Legittimo
Sole.
Massimo Avenali
Montesilvano. Pescara
Massimo Avenali: Coordinatore progetti, redattore, fotografo, giornalista. Esperienza nella redazione di articoli, interviste e redazionali, capacità di lavoro in più campi di interesse, dalla cultura generale, all'arte, all'economia, allo sport. Articoli e servizi fotografici realizzati, all'interno del gruppo editoriale, per le testate di Abruzzo Sport, Buono & Bello, Abruzzo Impresa.
II Classificato
Che clemente sia la mano.
La mia carne
martoriata
vilipesa
la mia carne…
che le tue mani carezzavano
La mia pelle
contusa, livida,
assetata ancora
di te
Il mio corpo
porta i segni di te
la mente vomita
il tuo nome
ma il cuore,
pazzo,
ti cerca ancora
Bastardo!
Giuliana Sanvitale. Giulianova. Teramo.
Giuliana Sanvitale, di Giulianova, laureata in Lettere.
Ha insegnato per un quarantennio presso vari ordini di Scuole.
Si è cimentata nella stesura di recensioni, prefazioni a raccolte di poesie, relazioni. Ha tenuto brevi conferenze e curato Laboratori di Poesia nelle Scuole e presso l’Università della terza età di Giulianova.
Ha vinto a livello nazionale e internazionale 20 primi premi, sia per la poesia che per la narrativa, numerosi secondi e terzi premi, medaglie d’oro e la medaglia del Presidente della Repubblica.
Ha pubblicato le sillogi poetiche:
E le donne
Acquaria
Frammenti e aforismi
Treno in corsa- Treno in sosta
I romanzi:
I cibi della memoria
Angeli
Rosa
Oltre le nuvole
Le raccolte di racconti:
Schegge di vita
America e altri racconti
Come naufrago (prose e poesie)
Ha ricevuto il premio Donna città di Teramo
E’ tra le 8 donne eccellenti della provincia di Teramo ed è stata nominata
Socio onorario degli scrittori italiani
III Classificato
Tremano le mani
fino alla fine del mondo, ma una donna
a cui tremano le mani
fa tremare il cuore di tutti -
saranno quelle mani senza più luce
illuminate nei cieli dei cieli
a srotolare il foglio del giudizio
a fare un cenno ai venti, lungi capelli
sugli oceani -
Quelle mani che hanno comunque amato
comunque accarezzato.
Nessuna fatica, nessuna violenza
può fermare le mani di una donna
che hanno impastato il pane, sepolto
i morti, cullato i figli
girato il cucchiaio precisamente nel latte
e coperto gli occhi pieni di lacrime -
nessuno può fermare le mani che anche Dio ha voluto
per crescere e seppellire suo figlio
"non mi toccare" portano scritto quelle mani
sul palmo, in mezzo a tutte le travisate
resurrezioni della carne, alle mai definitive
cadute, agli smarrimenti stellari...
saranno quelle mani piene di dolore e di vita
a cui afferreremo i nostri cuori voliere.
Davide Rondoni. Forlì.
Davide Rondoni. Nato nel 1964, a Forlì. Laurea in Letteratura italiana Università di Bologna, relatore Prof. Ezio Raimondi (110 lode).Dirige il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna e svolge attività di consulenza editoriale per alcune case editrici, tra cui Marietti, Guaraldi e Laterza. Per quest’ultima sta curando una collana di narratori contemporanei rivolta alla scuola media e un progetto di antologia di poesia del Novecento italiano. Ha pubblicato alcuni volumi di poesia (La frontiera delle ginestre, 1985; O les invalides, 1988; A rialzare i capi pioventi, 1991; Nel tempo delle cose cieche, 1993). L’ultimo libro, Il bar del tempo, è uscito per Guanda nel gennaio ’99 e ha vinto i premi Montale, Camaiore, Metauro, S. Domenichino, Caput Gauri. Della sua poesia si sono occupati, fra gli altri, Mario Luzi, Franco Loi, Luca Doninelli, Stefano Crespi, Alberto Bertoni, Fulvio Panzeri, Bernard Simeone. È presente nell’Antologia “Nuovi poeti italiani contemporanei” di R. Galaverni e in una sezione dedicata alla poesia italiana su Poetry Review. In prosa, il romanzo breve “I santi scemi” (Guaraldi 1995) con anticipazione su Nuovi Argomenti, è stato finalista al premio Berto 1995 per l’opera prima. Un suo saggio sulla naturalezza della poesia è incluso sull’antologia della nuova critica letteraria italiana curata da Arnaldo Colasanti (Guaraldi).Ha pubblicato prose e versi su diverse riviste, settimanali e antologie. Ha tradotto da Rimbaud, Péguy, Dickinson e Baudelaire. Ha curato per Rizzoli il commento ad una edizione dei Cori da la Rocca di Eliot, un’edizione delle poesie di Ada Negri, delle lettere di E. Mounier e un’antologia di Charles Péguy e altri volumi per la collana di cui è curatore, “I libri dello spirito cristiano” diretta da Luigi Giussani. Ha fondato e dirige inoltre la rivista trimestrale di letteratura “clanDestino” (tra i collaboratori Luzi, Doninelli, Loi, Picca, Siciliano). È direttore editoriale di Nuova Compagnia Editrice, per cui ha curato, tra l’altro, “A casa dei poeti”, conversazioni con i poeti italiani e “Cantami qualcosa pari alla vita”, conversazione con Mario Luzi. Di recente ha curato un un’antologia di scritti d’amore di Giacomo Leopardi (Garzanti) libro-conversazione con Ezio Raimondi, (Guaraldi) una versione poetica dei Salmi (Marietti). Con Franco Loi ha in preparazione per Garzanti un’antologia della poesia italiana dagli anni ’70 a oggi.Presso la tv Sat 2000 conduce un programma di dibattito culturale. Da due anni cura il progetto promosso da Enel “Luce per la poesia” di grandi letture presso le Centrali elettriche italiane (tra le voci: Foà, Lombardi, Bucci, Bonaiuto, Arbore, Vanoni, Branduardi, Riondino, Alice, Sastri, Degli Esposti, Avogadro, Soffiantini, Jannacci). Ha pubblicato articoli accademici su diversi autori tra cui Pascoli, Leopardi, Luzi, Michelstaedter, e uno su “Passione per la realtà e senso religioso in Pasolini” (relazione tenuta in occasione del convegno “Letteratura e religione in Europa”, Nov. ’95, Univ. Cattolica di Milano).
IV Classificato
Soliloquio a mezza voce.
Quando l’inespresso vibra e urge dentro,
e l’inquietudine divora ogni fibra,
quando il risentimento amplia ogni alito,
e lo scoramento sfianca ogni pretesa,
quando l’oggi si rabbuia più di ieri
e il mio parlare
nell’indifferenza urta,
nelle pieghe del mio voluto silenzio
trovo asilo
e mi nascondo.
Con gli spasmi del rancore dilatati
il mio respiro soffocato ascolto
mentre lacrime del mio ego ferito
scivolano lente ad inumidire
l’orgoglio represso e deluso.
Elisa Marchinetti. Parma.
V Classificato
Quando verrà la tua voce.
Quando verrà la tua voce
mi troverà guerriera, cosparsa
di rami di mirto, che il coraggio
come incenso
brucia.
Quando verrà, tenebra,
l’accecherò di luce e bellezza,
vita contro ogni morte,
anelito di pace contro ogni smorfia
di violenza.
Quando verrà la tua voce
scarna delle forme d’amore,
l’ascolterò appena
perché un vento di libertà
mi avrà condotto lontano.
E sulle ali della dignità
che mi appartiene,
volerò ripulita dal fango
e dalla paura.
Volerò con altre infinite donne,
la tua voce stampata sulla mia ferita,
per trasformarla in canto.
Maria Antonietta D’Onofrio. Matera.
VI Classificato
Libera il tuo sorriso.
Libera le parole,
lasciale volare,
qualcuno accoglierà
i tuoi sospiri.
Non tacere,
il silenzio uccide
i sogni, spegnendo
il tuo sorriso.
Sei donna,
sei nata libera,
non permettere
di soffocare il tuo respiro.
Brucia gli indumenti
del passato, brilla
come una goccia di rugiada
sul sentiero della vita.
Elvio Angeletti. Senigallia. Ancona.
VII Classificato
Tutelare vestale
Da vocale incanto
di suadenti accordi
al delirare assiduo
d’artico cellulare
fra tenaci richiami
ed infiniti messaggi.
Ieri una rosa rossa
sul vetro dell’auto
fragrante salutava
ogni nuovo mattino,
ora albe in declino
reiterate svelano
lugubri steli,
funesta metafora
d’esistenza recisa.
Ossessivo l’invio
di scatti condivisi,
abilmente squarciati
in turbinanti mail.
Su zerbino d’uscio
sadica deposizione
di pettirosso straziato
a predire affine sorte.
Reattivo il trasalire
fra stralci altrui
di veloce transito,
palpitanti i brividi,
domati soltanto
da cauto eclissarsi.
Già istantaneo anelito
scortò reduce assorta
in cupo presagio
a delegare risvegli
per bramosa rinascita.
Oggi tutelare vestale
trascende cupe grate
d’occulta detenzione
ove complice resta
illusorio indugio
d’amore simulato.
Monica Schiaffini. Chiavari. Genova.
VIII Classificato
La parte dolente.
Essere donna è stata una scommessa
avrei voluto un giorno che guarisse.
Sale l’urlo dal petto alla ferita
squarcio rosso da un bacio lasciato
trepidamente atteso.
Siamo bosco ghiacciato
da cui son caduti rami secchi stecchiti
che al peso del freddo han ceduto.
Siamo l’anima di una fiaba
che gira a spirale che è stata brava a soffrire.
Siamo speranze che attraversano distanze sul mondo
allungate sul nulla e sull’acqua di lacrime amare.
Siamo sopravvivenza
che ha le visioni affettuose nel sonno
bruciate dai raggi del giorno
di uno che follemente diceva di amarci.
Siamo premonizioni da sempre conosciute
le battaglie incompiute i supplizi subiti.
Un scommessa che nessuno perdona.
La parte dolente del cuore che dorma per sempre
se si svegliasse non ci lascerebbe più vivere!
Lucia Marcone. Teramo.
IX Classificato
Lontano è la salvezza.
Non esistevo ma respiravo,
questa era la mia colpa.
Sono fuggita lontano,
lontano da un incubo,
lontano dalla violenza,
perché lontano è la salvezza.
Cercavo l’amore
ma ho trovato il dolore.
Priva di dignità
tacevo… tacevo…
tacevo e credevo.
Credevo di essere un errore,
uno spazio vuoto,
il nulla in abiti da donna.
Poi ho aperto gli occhi,
ed ho capito:
Io esisto…
Io valgo.
Io sono degna.
Io sono donna.
Andreina Moretti. Roseto degli Abruzzi. Teramo.
X Classificato
Da donna a donna.
Per te che sei
scivolata improvvisamente
nell’abisso dell’isolamento
vorrei, finalmente,
lo slancio della coscienza collettiva
perché si concretizzi
quella rivoluzione culturale
spesso invocata a soluzione
della complessa condizione
della donna. Nell’indignazione
per fatti cruenti
e, sembra quasi, nella rassegnazione
per sottovalutate espressioni
di aggressione alla sua dignità.
Per te vorrei
il conforto di una carezza
al tuo io ferito
da promesse tradite,
al tuo cuore sprofondato
nell’umiliazione del disprezzo
svelato da gesti e parole
irragionevoli, così virulenti,
da soffocare il grido di dolore
nell’impotenza dello stupore.
Eppure: un briciolo di energia
in te potrai trovare
per non cedere alla tentazione
di lasciarti andare.
Maria Michela Petti. Amalfi. Salerno.
XI Classificato
La ballata di Peggy e Pedro.
La ballata di Peggy e Pedro è latrata dai punkabbestia
di Ponte Garibaldi, con un misto d’odio e disperazione,
insegnandoci, intimi nessi tra geometria ed amore,
ad amare come fossimo matematici circondati da cani randagi.
Peggy eri ubriaca, stato d’animo normale,
nelle baraccopoli lungo l’alveo del Tevere,
e l’alcool, nelle sere d’Agosto, non riscalda,
obnubilando ogni senso in sogni annichilenti,
trasformando ogni frase biascicata in fucilate nella schiena
contro corazze disciolte dalla calura estiva.
Sdraiata sui bordi del muraglione del ponte,
tra i drop out della Roma città aperta,
apristi il tuo cuore all’insulto gratuito di Pedro,
tuo amante, e, basculandoti, cadesti nel vuoto,
disegnando traiettorie gravitazionali dal cielo al cemento.
Pedro, non eri ubriaco, ad un giorno di distanza,
non eri ubriaco, stato d’animo anormale,
nelle baraccopoli lungo l’alveo del Tevere,
o nelle serate vuote della movida milanese,
essendo intento a spiegare a cani e barboni
una curiosa lezione di geometria non euclidea.
Salito sui bordi del muraglione del ponte,
nell’indifferenza abulica dei tuoi scolari distratti,
saltasti, in cerca della stessa traiettoria d’amore,
dello stesso tragitto fatale alla tua Peggy,
atterrando, sul cemento, nello stesso istante.
I punkabbestia di Ponte Garibaldi, sgomberati dall’autorità locale,
diffonderanno in ogni baraccopoli del mondo la lezione surreale
imperniata sulla sbalorditiva idea che l’amore sia un affare di geometria non euclidea.
Ivan Pozzoni. Monza.