Gli eventi calamitosi
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- ultima modifica 20/08/2007 11:00
Calamità naturali ed eventi calamitosi legati all'azione dell'uomo
Gli eventi calamitosi, che investono la nostra terra sono dovuti principalmente a fenomeni naturali quali: le frane, le alluvioni, le valanghe, i terremoti, gli tsunami, le eruzioni vulcaniche, gli eventi meteorologici intensi (lunghi periodi di siccità, trombe d'aria, grandinate, nevicate particolarmente abbondanti, raffiche di vento eccezionali), ecc.. Anche l'uomo però attraverso le sue attività può provocare vere e proprie calamità che costituiscono il cosiddetto rischio antropico, legato principalmente a quelle attività (essenzialmente industriali) a rischio di incidente rilevante. Gli incendi boschivi per la maggior parte sono anch'essi provocati dall'uomo e quindi di origine dolosa o colposa.
Comunemente quando si parla di rischio idrogeologico con tale termine si intende il rischio legato sia ai fenomeni franosi che alle alluvioni.
Le frane
Le frane vengono più scientificamente definite come movimenti gravitativi del terreno. Quindi il motore del movimento è la gravità.
Causa principale inoltre di tali movimenti sono le intense precipitazioni (piovose e nevose) che aumentano il peso del terreno saturandolo d'acqua e contemporaneamente ne diminuiscono la resistenza (coesione e attrito) al movimento.
Ma le frane possono avere diverse origini e per questo che da tempo esistono varie classificazioni (Desio, Trevisan, Varnes, Crudens, ecc.) che le distinguono in base ai meccanismi ed al tipo e velocità di spostamento.
Per poter meglio comprendere come si genera un movimento franoso è importante la conoscenza geologica e strutturale del terreno.
Tale conoscenza ci consente successivamente di adottare i provvedimenti migliori per mitigare gli effetti di una frana.
Prevedere il momento in cui si manifesta una frana, anche se monitorata, è abbastanza difficile, soprattutto per quelle a rapido cinematismo come le frane di crollo a cui sono spesso soggette le aree montane.
In questo caso le azioni di prevenzione riguardano soprattutto una corretta pianificazione territoriale che eviti l'edificazione nelle aree soggette a movimenti franosi.
Le alluvioni
Le alluvioni sono provocate da intense precipitazioni piovose che in corrispondenza dei corsi d'acqua danno luogo a straripamenti.
Nel corso degli anni l'uomo si è difeso attraverso la costruzione di arginature in terra.
Purtroppo il continuo innalzarsi di tali difese e la costruzione sempre più vicina ai corsi d'acqua, per dar luogo ad espansioni urbanistiche, ha avuto come effetto un "irrigidimento" del sistema aumentando così il danno potenziale di un normale evento di piena.
Per questo la tendenza a costruire argini sempre più alti si sta abbandonando a favore di soluzioni che prevedono l'espansione dei fiumi a monte tramite le cosiddette casse d'espansione.
I terremoti
I terremoti sono dovuti a "vibrazioni" della superfice terrestre e costituiscono delle vere e proprie calamità nel momento in cui interessano centri abitati che sotto l'azione di tali spinte danno luogo a crolli delle abitazioni e delle infrastrutture.
Il terremoto si genera per una rottura all'interno della crosta terrestre (ipocentro), che provoca una serie di forti vibrazioni che arrivano sulla verticale in superfice (epicentro) e si propagano sotto forma di azione ondulatoria (orizzontale) e sussultoria (verticale).
Il fatto che la rottura si generi all'interno della crosta terrestre rende imprevedibile il momento in cui questa si manifesta. Infatti le variabili in gioco sono molteplici, innanzi tutto le spinte che generano tali fratture come pure le resistenze che si oppongono a tali spinte e che dipendono dalla geometria delle superfici, praticamente impossibili da definire con precisione.
Quando la rottura all'interno della crosta terrestre arriva in superfice genera le cosiddette faglie. Tali rotture se presentano segni di recente attività vengono definite faglie attive e lungo tali superfici non esite struttura antropica che possa resistere al movimeto della faglia, in quanto le azioni di taglio sono fortissime e velocissime (ca. 1500 m/s).
Esclusa quindi la possibilità di poter prevedere con precisione e soprattutto con i tempi necessari per eseguire delle evacuazioni, il momento in cui si manifesta il terremoto, le azioni di prevenzione, messe in atto dall'uomo, riguardano soprattutto il modo di costruire edifici ed infrastrutture. Questo avviene attraverso le normative antisismiche adottate dalle varie nazioni, che si modificano costantemente in funzione delle nuove esigenze costruttive e della conoscenza più approfondita del fenomeno.
Le eruzioni vulcaniche
Anche in questo caso le eruzioni vulcaniche sono da considerarsi dei normali fenomeni naturali che possono diventare delle calamità o catastrofi quando l'uomo costruisce abitazioni in prossimità dei vulcani e del raggio di azione delle loro emissioni.
Le eruzioni vulcaniche si manifestano principalmente in due modi: con l'emissione lenta della massa magmatica oppure con eruzioni esplosive che propagano cenere e pomice anche a decine di chilometri di distanza.
La prevedibilità dell'evento è essenzialmente legata a questi due tipi di meccanismo.
I vulcani definiti di tipo esplosivo sono meno prevedibili di quelli definiti di tipo effusivo.
In Italia l'Etna ed il Vesuvio sono in una posizione intermedia (vulcani a strato) e purtroppo l'edificazione si è spinta fino alle falde di tali apparati vulcanici.
Ciò rende molto complicata l'evacuazione in caso di eruzione, soprattutto in prossimità del Vesuvio dove la densità di popolazione è molto alta.
Gli Tsunami
Tsunami è un termine che proviene dalla lingua giapponese (letteralmente significa onda del porto) ed indica un tipo di onda anomala capace appunto di scavalcare la banchina di un porto. Più che un onda si tratta però di una serie di onde che hanno origine da un terremoto, da un terremoto sottomarino, da attività vulcanica, da frane, impatti meteoritici nel mare o vicino ad esso. In Italia lo abbiamo sempre chiamato maremoto ed un esempio recente lo abbiamo avuto con il terremoto di Messina-Reggio Calabria del 28 dicembre 1908 il quale oltre a provocare distruzione in seguito allo scuotimento sismico generò un violento tsunami che si abbattè su Messina e località limitrofe con altezze delle onde da 8 a 10 metri.
Tali eventi non sempre possono definirsi catastrofi o calamità naturali imponderabili. Lo stesso tsunami che si è verificato nel sud-est asiatico il 26 dicembre 2004 era prevedibile dal momento in cui diversi osservatori geofisici internazionali (compreso l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma) avevano nei propri sismografi registrato un terremoto di magnitudo elevatissima, pari a ca. 9 gradi della scala Richter, localizzato al largo della costa nord-occidentale di Sumatra (Indonesia) nell'Oceano Indiano. Infatti sono passate diverse ore prima che l'abbattersi dei diversi treni di onde raggiungesse le regioni costiere dell'Indonesia, dello Sri Lanka, dell'India, della Thailandia, della Birmania, del Bangladesh, delle Maldive giungendo a colpire anche le coste della Somalia e del Kenya (ad oltre 4.500 km dall'epicentro del sisma) provocando la più grande catastrofe verificatasi tra la fine del XX secolo all'inizio degli anni 2000, con la morte di circa 230.000 persone. Ciò che è mancato è stato un piano di emergenza nelle zone soggette a tali calamità, che definisse la fonte ufficiale (Istituo o Osservatorio Geofisico) a cui fare riferimento per avviare le procedure di messa in sicurezza delle popolazioni esposte allo tsunami. Infatti molte di quelle persone se si fossero poste in zone sopraelevate di appena una decina di metri si sarebbero salvate.
Gli uragani, i tornado, le tempeste tropicali
Un uragano è una tempesta violenta che si forma sopra un oceano tropicale con venti che soffiano intorno a un'area centrale di calma chiamata occhio; nell'emisfero Boreale l'aria si muove in cerchio in senso antiorario; nell'emisfero Australe avviene il contrario. Convenzionalmente si definisce uragano una tempesta in cui la velocità del vento raggiunge almeno i 120 Km/h.
Nel caso di velocità del vento inferiori ai 60 Km/h si parla soltanto di depressioni tropicali, mentre se la velocità è superiore a 60 Km/h ed inferiore a 120 Km/h si hanno le tempeste tropicali. Tali situazioni rappresentano spesso lo stadio iniziale, o finale, di un uragano.
I venti più forti prodotti dalla natura si trovano nei tornado, ma sono limitati ad aree piuttosto piccole, aventi un diametro di solito inferiore a un chilometro e mezzo e durate che si misurano in minuti. Negli uragani i venti più forti non superano normalmente i 250 Km/h, ma possono coprire aree con diametri di molte decine di Km e durare diversi giorni. I danni provocati da un solo uragano possono pertanto essere tragicamente elevati perfino in confronto agli effetti di un tornado.
Gli uragani hanno luogo in varie parti del mondo e sono chiamati con nomi diversi: le tempeste che si formano nelle regioni occidentali dell'Oceano Pacifico settentrionale e che si abbattono con regolarità sul Giappone sono chiamate tifoni; nella parte settentrionale dell'Oceano Indiano sono conosciute come cicloni; in Australia talvolta si dà loro il nome di willy-willy; in quasi tutte le altre regioni del mondo si usa comunemente la parola uragano.
Gli uragani vengono classificati (Saffir-Simpson) secondo categorie (da 1 a 5) le quali indicano gli effetti in funzione dei valori della pressione minima e della velocità media del vento.
Prevedere la nascita di un uragano è praticamente impossibile, una volta individuata una depressione o una tempesta tropicale, è possibile seguirne il percorso e l'evoluzione, in particolare per verificare se essa può evolvere in un uragano e quali possono essere i suoi successivi spostamenti.
Allo stato attuale le probabilità che un uragano colpisca di sorpresa sono praticamente nulle, il grosso problema che il meteorologo deve affrontare è la previsione dei suoi futuri spostamenti, affinché le aree minacciate possano ricevere adeguate segnalazioni di pericolo.
Le valanghe
La valanga si verifica quando una massa di neve o ghiaccio improvvisamente si mette in moto e precipita verso valle. Durante la discesa può trascinare altra neve ed assumere dimensioni sempre maggiori e velocità oltre i 300 km/h. Il distacco della massa di neve può essere provocato da varie cause: variazione di temperatura, quantità eccessiva di neve, azione del vento, sciatori che percorrono il pendio, ecc..
Il fenomeno diventa calamità quando investe abitazioni come è accaduto nel febbraio 1999 a Chamonix (Francia) dove morirono 12 persone o nel 2002 in Ossezia (regione del Caucaso in Russia) dove nel settembre 2002 una imponente massa di ghiaccio e neve ha provocato la morte di oltre 100 persone.
Gli incendi boschivi
Gli incendi boschivi sono di difficile collocazione tra i fenemeni naturali e quelli legati all'attività dell'uomo, dato che l'origine dell'incendio nella maggior parte dei casi è di origine dolosa e colposa, quindi legata all'azione più o meno volontaria dell'uomo.
Dai rapporti del Corpo Forestale dello Stato nel 2006, risulta che in Italia sono state denunciate, per incendio doloso, 321 persone, di cui 10 tratte in arresto in flagranza di reato o in applicazione di misure di custodia cautelare, per incendio doloso. Nei primi quattro mesi del 2007 gli incendi boschivi sono stati 946, per una superficie totale percorsa dal fuoco di 5.151 ettari, di cui 3.539 ettari di superficie boscata e 1612 non boscata. Per quanto riguarda l'attribuzione delle cause: il 60% degli incendi nel 2006 è stato doloso, il 15% colposo e solo per il 3% di origine naturale. Gli incendi accidentali, quelli dovuti a cause fortuite, incidono per una percentuale irrilevante, pari a meno dell'1%. Nel 2005 gli incendi dolosi erano stati il 64,5%, quelli colposi erano stati il 19,6% mentre quelli di origine naturale e accidentale si aggiravano intorno allo 0,6% i primi e allo 0,9% i secondi. Tra gli incendi dolosi la motivazione più ricorrente è quella che attiene alla ricerca di un profitto.
In relazione agli incendi colposi, le principali motivazioni sono da ricercare nella cattiva conduzione delle attività agricole e forestali nel cui ambito si fa ancora spesso ricorso al fuoco per pulizie ed eliminazione di residui vegetali. Da rilevare, comunque, anche la consistete incidenza degli incendi attribuiti a mozziconi di sigaretta e fiammiferi incautamente abbandonati in aree sensibili, che costituiscono il 31,7% dei fuochi di origine colposa.
Purtroppo a rendere più salato il conto presentato da un anno di incendi, è anche il numero delle vittime. Un morto e 17 infortunati è il bilancio del 2006, che porta complessivamente a 177 le vittime e a 1.505 i feriti, nell'ambito degli incendi boschivi, a partire dal 1978.
Le azioni di prevenzione sono volte soprattutto alla vigilanza e pulizia delle aree dovve sussistono potenziali fonti di innesco (scarpate stradali, aree di sosta, aree attrezzate per pic nic, ecc.) e attraverso la normativa nell'impedire l'edificazione delle aree percorse da incendi in modo tale da scoraggiare i piromani che eseguono tali atti criminali per profitti e speculazioni.
Le calamità dovute alle attività antropiche
L'uomo attraverso le sue molteplici attività può generare delle vere e proprie calamità o disastri. Soprattutto nel campo industriale e chimico esistono rischi legati alle sostanze che vengono usate e prodotte.
Il 10 luglio del 1976, poco dopo mezzogiorno, esplode una valvola di sicurezza del reattore A-101 dello stabilimento chimico ICMESA di Seveso. L'esplosione provoca una fuoriuscita di diossina, una sostanza altamente tossica e cancerogena che danneggia cuore, reni, fegato, stomaco e sistema linfatico. Carica di veleno e di morte, la nube tossica, sospinta dal vento, avvolge in breve tempo la Brianza.
Da allora è stata avviata a livello europeo una serie di normative atte a colmare il vuoto legislativo fino ad allora presente in questo campo a partire dalla direttiva Ue Seveso 82/501/EEC (Seveso I), poi sostituita dalla direttiva del Consiglio Seveso II 96/82/EC, in seguito emendata dalla direttiva 2003/105/EC (Seveso III). Tali direttive in Italia sono state recepite attraverso una seirie di D.P.R. e DLgs.
Purtroppo però, in seguito all'evento Seveso, nel dicembre del 1984 ci fu il più grave incidente chimico-industriale della storia; esso fu causato dal rilascio accidentale di 40 tonnellate di isocianato di metile (MIC), prodotto dallo stabilimento industriale dell'Union Carbide, azienda multinazionale produttrice di pesticidi localizzata nel cuore della città di Bhopal (India centrale). Il rilascio di isocianato di metile, iniziato poco dopo la mezzanotte del 2 dicembre 1984, uccise più di 3.000 persone, avvelenandone da 150.000 a 600.000; almeno 15.000 di queste morirono per gli effetti conseguenti all'intossicazione. Alcune fonti affermano che il disastro provocò un numero ancora maggiore di morti e feriti. Nel novembre 2004 venne accertato che la contaminazione era ancora attiva.
Nel settembre 2001 si verificò un'esplosione nello stabilimento di fertilizzanti "Grand Paroisse"di Tolosa (Francia). La sostanza pericolosa coinvolta era nitrato d'ammonio che causò il decesso di 30 persone mentre i feriti per l'esplosione furono 2500 con effetti da sovrapressione avvertiti fino a km di distanza.